Testo: Mons. Francesco Gasparini
Dal catalogo della mostra
È un insieme di suggestioni evocative che ti colpisce quando un dipinto di Annamaria Trevisan si presenta davanti agli occhi.
Vi scorre, con la forza del suo fluire, la storia dell’arte e riappaiono i canoni della grande pittura rinascimentale, i modellati del manierismo e le lezioni che arrivano dai grandi pittori del sec. XVI. Sapienti tratti che affrontano con decisione e delicatezza le fattezze del volto, l’espressione straordinaria delle mani, i corpi che si modellano nel colore e nella luce. Gli ovali delicatissimi della Vergine, il torso di san Sebastiano, il primaverile vigore di Gesù Bambino, Gesù Cristo, volto dei volti, dai mille riflessi e dalle mille espressioni, ti fanno immediatamente fermare, pensare, riflettere, meditare.
Nell’Annunciazione sono le mani che narrano, che raccontano con l’eloquenza e la delicatezza del tratto il misterioso dialogo tra l’angelo e la Vergine e fanno intuire il segreto linguaggio: la forza della domanda e la decisione della risposta.
Mani che parlano, sguardi che fanno meditare, corpi dei quali si ammira la bellezza e la proporzionatissima anatomia… lezioni che vengono di lontano e che sono sapientemente assimilate dalla pittrice vicentina.
Ma il tutto è nuovo, straordinariamente nuovo, e l’insieme diventa luce che si sfalda, colore che individua e nasconde nello stesso tempo, proposta di dialogo con chi guarda, desiderio che si accende, mistero che si apre e ritorna mistero, materializzazione di un Dio nascosto che attraverso il velo prorompente del Dio-Uomo si presenta nella storia con i tratti unici del Bel-Buon Pastore.
E allora tutto diventa diverso.
La forza della pittura di Annamaria affronta il colore con decisione, la pennellata diventa energia pura, la luce piove a cascata sulle tele e si affonda quasi nel vortice luminoso che identifica gli attori di un Mistero Eterno che si fa continuamente oggi.
Annamaria Trevisan ha la capacità di aiutarci ad entrare in questo affascinante straordinario del sacro, dove il dialogo è triplice: con Dio, con noi stessi e con l’autrice.
Certo, dialogo anche con noi stessi, perché non si può non sentire il desiderio di immergersi in quella luce, di percorrere quel cammino fatto dal Figlio di Dio, di entrare in quella salvezza che fattasi carne, diventa modello di infinite altre testimonianze umane.
Ogni pennellata è una lama evocativa; la decisione del tratto è stemperata dalla delicatezza dei soggetti, i cromatismi si avvolgono tra loro in un misterioso equilibrio e alla fine si arriva – guardando le tele – a quella pace del cuore e dello spirito che stempera ogni inquietudine dell’animo.
Soggetti religiosi queste tele.
Narrazioni di eventi divini.
Incontri tra Dio e l’uomo.
E la stupenda cromia ci aiuta a capire ciò che le parole non dicono. Allora le forme, il “detto-non detto” delle immagini, la narrazione di ogni tela, diventano proposta di quella salvezza portata da Cristo: lieto annuncio, bell’annuncio, buon annuncio di gioiosa speranza.