LETTERA APOSTOLICA

Testo: Mons. Renzo Giuliano
scritto in occasione della mostra

Il 16 ottobre 2002 Giovanni Paolo II pubblicava la Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae” , un testo che favoriva la riflessione dei cristiani sulla preghiera millenaria del Rosario per una ripresa di fede. Il Papa presentava la possibilità di aggiungere, accanto a quelli tradizionali, i grani dei “Misteri della luce”, ponendo al vertice della contemplazione del fedele “Cristo luce del mondo”. La preghiera cristiana e cristologica del Rosario si arricchiva di una forte accentuazione luminosa e di una luce intensa in quanto riguardava lo svolgersi della vita pubblica ed adulta di Cristo nel mondo, compresa in cinque momenti fondanti: 1. nel suo Battesimo al Giordano, 2. nella sua auto-rivelazione alle nozze di Cana, 3. nell’annuncio del Regno di Dio con l’invito alla conversione, 4. nella sua Trasfigurazione e, infine, 5. nell’istituzione dell’Eucaristia, espressione sacramentale del mistero pasquale. Si raggiunge quindi la struttura teologica dell’intera esistenza di Cristo e della sua Chiesa e, nel Rosario, ne siamo avvolti per la guida e l’intercessione di Maria, la Madre di Dio; con Lei entriamo nella semplicità e nella sobrietà dell’anima per concentrarci nella profondità dell’intero messaggio evangelico. In questo spirito, in questa sensibilità si introduce l’opera commissionata al Maestro Annamaria Trevisan la cui produzione raccoglieva con intensità gli elementi esposti, cioè “semplicità”, “sobrietà”, “profondità”, e con il suo animo femminile garantiva una sua immedesimazione con la custodia del cuore caratterizzante colei che guida il Rosario, Maria Vergine, aprendo la via all’incontro con il suo Figlio Gesù.

Le pennellate della Trevisan sono semplici ed immediate, come semplice è il loro colore monocromo e raggiungono l’entità della “sobrietà” del linguaggio pittorico, in analogia alla preghiera della liturgia cristiana che si deve nutrire di “sobrietas”, caratteristica peraltro del nostro carattere latino occidentale. Proprio questi tratti essenziali introducono nella “profondità” di un rivelarsi di una forma delineata che si introduce dentro l’essere del vedere mistico e quei tratti di pennellate si rendono amici e corposi per l’esperienza dei sensi spirituali. Si ha la percezione di accoglierlo di entrare nel Mistero perché “chiamati” da questo linguaggio pittorico di cui la nostra identità corporea ne assume quelle linee portanti ed efficaci, fissate nelle tele. La forza dell’intero percorso dei cinque Misteri della Luce si accresce potentemente in quanto esso inizia, nei riquadri, con in fulcro pasquale della manifestazione della gloria di Dio, la Risurrezione di Cristo. Dalla totalità del Cristo “Luce del mondo”, come si canta nella notte di Pasqua, quella notte che squarcia le tenebre più fitte, si srotolano le singole fasi di questa progressiva e costante luminosità che la ripropongono tutta intera. E tale “leggerezza” della mano dell’artista, con la ben visibile tecnica maturata, diventa “pesantezza” nel contenuto a cui richiama, cioè il mistero di vita realmente vissuto e recante in tutta la sua portata l’annuncio del Regno di Dio da parte di Cristo, con tutto il peso e significato della sua umanità con noi. La leggerezza fine a se stessa non sarebbe cristiana, ma ci porterebbe in mondi spirituali filosofici di altre terre. Nel godimento estetico di questa arte, significata dalla fede e da una ben studiata teologia, si libra il movimento estatico che apre l’esistenza di chi guarda al bello alla risposta di vita che fa sentire arricchita la propria persona. Maria, nel Vangelo, in questo contesto, rispose: “Eccomi”, espressione dice il filosofo Lévinas, che significa l’Io “rispondente di tutto e di tutti” (Altrimenti che essere, p. 143), non certo il presentarsi di un “Io” individualista e chiuso e relativista in sé. L’immersione spirituale e l’immedesimazione nei “Misteri della Luce”, proposti da questa intuizione della Basilica ed attuata da Annamaria Trevisan, divengono un altro sereno, ma anche pressante motivo di proporre al fedele, al turista la fede cristiana nel suo riverbero di bellezza artistica. Certo che l’arte non manca in questo luogo sacro e particolare di storia ed esattamente per questo motivo le linee pittoriche si sono scelte così quasi trasparenti per non appesantire ulteriormente la forza dell’insieme d’arte architettonica e pittorica che in questo transetto giganteggia, memori anche della storia della stessa aula centrale delle Terme che ha accolto le grandi opere provenienti in originale da San Pietro. Guardando alla nostra storia romana qui espressa in una certa sua parte e illuminando tutto il percorso della storia umana con i “Misteri della Luce”, annuncio del Regno di Dio, ci vogliamo rendere servi di un progetto di pace per l’umanità. Con tutta la sua vita di predicazione e di segni messianici, Gesù è il Principe della pace e «nostra pace » (Ef 2,14) e nel suo luminoso, trasfigurante Mistero ci fa “operatori” della sua stessa pace. Sia questo il frutto della contemplazione di queste opere così “semplici”, “sobrie”, profonde”!

Nel 1541 don Antonio Lo Duca, il sacerdote che ha lottato perché sulle Terme fosse costruita la Basilica in onore degli Angeli, si recò a Venezia e fra i Mosaici di San Marco, notò l’immagine di Maria tra sette arcangeli; la fece riprodurre e da allora il quadro della Vergine degli Angeli figura nel nostro presbiterio, sostenendo una grande devozione nel popolo cristiano. Altro grande veneto presente in Basilica è Francesco Bianchini, di Verona, ideatore della Grande Meridiana. Oggi la Regione Veneto ci permette, grazie alla sua sponsorizzazione, di arricchire il riferimento mariano della Basilica con queste opere di una eccellente artista veneta e di porre nella Chiesa cara all’Italia, in quanto per tradizione Chiesa ufficiale delle sue celebrazioni religiose, un suo importante e ben visibile richiamo.

Riprendo un testo del Prof. Giuseppe Mazzotta della Yale University in un richiamo che egli fa al Sac. Giuseppe De Luca: “ De Luca capì più di ogni altro nell’Italia moderna che la storia civile italiana resta inseparabile da quella religiosa e che il ruolo dell’Italia nell’emergente comunità spirituale globale dipende dalla capacità di tenere aperto il dialogo tra fede e cultura, tra fede e scetticismo, tra poesia e teologia. La carica visionaria di don Giuseppe De Luca, che annodava l’amore per le concrete realtà locali e per i destini generali del globo tutto, si nutriva ed era segnata da una grazia che egli riconduceva al nome di Maria” (La Vergine Maria nella letteratura, Biblioteca comunale Curinga, 2008, 21). L’inaugurazione di oggi ci permette di rassodare questi convincimenti e di estenderli alla nostra contemporaneità per un percorso di illuminazione di quella fede mariana che sublima le attese del cuore dell’umanità intera. Le tele della Prof. Trevisan ci danno un’opportunità felice, convincente ed elevata nel sostenere tale vocazione di una antropologia che eleva l’uomo alla contemplazione della verità ed il mistero dell’uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato, ci ricorda il Concilio Vaticano II ( GS,22). Siamo nel nostro tema e dinanzi alla nostra realizzazione!